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Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

I dilemmi tridentini: uno spirito per ogni Concilio

 

Tra il 1545 e il 1563 nel nord Italia (principalmente a Trento, tranne un periodo bolognese) si tenne, con alcuni periodi di interruzione, il Concilio Tridentino. Ad esso sono seguiti, in quasi cinque secoli di storia della Chiesa, appena altre due assisi conciliari: il Vaticano I (1869-70) e il Vaticano II (1962-65). Essi si inseriscono, in ogni caso, in un lungo elenco di Concili: nella Chiesa Cattolica se ne individuano in tutto ventuno, comprendenti oltre sedici secoli di storia cristiana. Ognuna di queste solenni assemblee ha il proprio posto e la propria dignità, pur se alcune possono aver lasciato un peso maggiore di altre.
Nonostante questa prospettiva, a partire da una quarantina d'anni fa si è andata purtroppo diffondendo un'idea di rifiuto di tutto ciò che non sembrasse in linea con una malintesa idea di “spirito” del Concilio Vaticano II. Questa prospettiva, è bene dirlo, non è stata fatta propria, generalmente, dai pastori della Chiesa e, soprattutto, dai Sommi Pontefici che, dopo il beato Giovanni XXIII, hanno esercitato il ministero petrino. Eppure in troppi settori ecclesiali è stata accettata l'idea che la Chiesa fosse stata “rifondata” negli anni Sessanta e che si dovesse lavorare per demolire una generica “Chiesa costantiniana”, giudicata contaminata, deviata, lontana dalla purezza del cristianesimo primitivo. In una simile visione il Concilio di Trento veniva a trovarsi sotto un fuoco poco amichevole, giudicato come espressione di una visione inevitabilmente sorpassata di Chiesa. Ma esso fu probabilmente visto anche come un ostacolo al cammino ecumenico verso i fratelli protestanti: Trento diventava così sinonimo di inaudita rigidità teologica, di scarso afflato dialogico, di fondamentale espressione di una Chiesa troppo “ricca”, “lontana”, “chiusa”.
Questa rappresentazione, alquanto parziale, non è ancora morta del tutto: essa ha prodotto gravi danni tra i fedeli ed è importante che venga estromessa, poiché, oltre ad essere scarsamente fondata, è pure foriera di rischi alquanto elevati sul piano dottrinale. E questa è una preoccupazione alquanto importante, nonostante le voci in contrario. Quest'idea, del resto, è già stata affrontata e confutata oltre vent'anni fa dall'allora cardinal Ratzinger (nota 1).
Il Concilio di Trento, infatti, intervenne in maniera decisa per ristabilire e difendere l'ortodossia cattolica contro i forti attacchi delle idee protestanti. In esso vennero ribaditi e definiti molto chiaramente punti fondamentali del patrimonio dottrinale cattolico: il rifiuto del libero esame delle Sacre Scritture, del predestinazionismo protestante; l'accettazione della dottrina del peccato originale, dei sette sacramenti, della Presenza Reale, del Santo Sacrificio della Messa, del sacerdozio ministeriale, del Purgatorio, del culto della Beata Sempre Vergine Maria e dei santi, delle reliquie, delle indulgenze. Il Tridentino trattò ovviamente anche d'altro, ma questi mi sembrano i punti principali. Certamente non si pretese di svolgere una piena e totale esposizione del dogma cattolico, ma nondimeno si vollero precisare e chiarire quei punti che il protestantesimo aveva messo in pericolo.
A questo punto forse potrebbe sembrare avere un qualche fondamento l'idea che un processo ecumenico verso i protestanti debba necessariamente passare, se non da un'abolizione, quantomeno da una revisione di Trento. Non è così: ha infatti affermato il Concilio Vaticano II che “Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina. Niente è più alieno dall'ecumenismo che quel falso irenismo, che altera la purezza della dottrina cattolica e ne oscura il senso genuino e preciso.” (nota 2)
Del resto, la Madre Chiesa è rimasta fedele anche oggi – e non si vede, del resto, come potrebbe non esserlo – a quanto venne da essa medesima definito a Trento: il Concilio Vaticano II presenta innumerevoli citazioni e rimandi al Concilio Tridentino, così come l'attuale Catechismo della Chiesa Cattolica.
I Sommi Pontefici hanno chiaramente manifestato questo pensiero. Il servo di Dio Paolo VI nel 1964 (quindi in pieno Vaticano II) parlò del “grande Concilio ecumenico che appunto da Trento prende il suo nome” (nota 3), di “grande opera del Concilio di Trento” (nota 3), affermò che “lo spirito del Concilio di Trento è la luce religiosa non solo per il lontano secolo decimosesto, ma lo è altresì per il nostro” (nota 3) e che “lo spirito del Concilio di Trento riaccende e rianima quello del presente Concilio Vaticano, che a quello si collega e da quello prende le mosse” (nota 3).Ma anche il venerabile Giovanni Paolo II non ha fatto mancare la propria voce in merito, parlando in proposito di “grande evento della storia della Chiesa” (nota 4), di “inestimabile occasione di grazia e di religioso rinnovamento” (nota 4), di “grande risposta della fede cattolica alle sfide della cultura moderna ed agli interrogativi posti dai Riformatori” (nota 4) e diversi altri elogi ancora.
Infine, anche l'attuale Pontefice regnante, Benedetto XVI, ha per esempio ricordato il Concilio di Trento come “nuova attualizzazione e una rivitalizzazione della […] dottrina” (nota 5).
In conclusione, penso appaia alquanto evidente come il Concilio di Trento, oggetto di eccessivi attacchi e ingiustificate amnesie, è invece un momento tuttora fondamentale della storia della Chiesa e conserva tuttora i suoi benefici effetti sulla cristianità. E' pur vero che, d'altro canto, pare poco giustificabile la pretesa di chi volesse ergere il Tridentino a propria esclusiva bandiera ed utilizzarlo come una sorta di clava per rivendicare un impossibile ritorno ad una “Chiesa Tridentina” che, peraltro, non è poi di così semplice individuazione, poiché la realtà ecclesiale è varia e complessa.


(nota 1) “ [...] Circolano facili slogans. Secondo uno di questi, ciò che oggi conta sarebbe solo l'ortoprassi, cioè il "comportarsi bene", l' "amare il prossimo". Sarebbe invece secondaria, se non alienante, la preoccupazione per l'ortodossiaortoprassi, dell'amore per il prossimo, non cambiano forse radicalmente a seconda dei modi di intendere l'ortodossia? Per trarre un esempio attuale dal tema scottante del Terzo Mondo e dell'America Latina: qual è la giusta prassi per soccorrere i poveri in modo davvero cristiano e dunque efficace? La scelta di una retta azione non presuppone forse un retto pensiero, non rinvia forse alla ricerca di una ortodossia? [...] ” (J.Ratzinger, Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Joseph Ratzinger, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2005 (edizione originale 1985), pag. 19-20. Il corsivo è presente nell'opera citata.

(nota 2) Cfr. Decreto sull'Ecumenismo Unitatis Redintegratio, n. 11.

(nota 3) Cfr. Omelia di Paolo VI dell'8 marzo 1964.

(nota 4) Cfr. Discorso di Giovanni Paolo II a Trento del 30 aprile 1995.

(nota 5) Cfr. Risposte di Benedetto XVI ai sacerdoti della diocesi di Albano, 31 agosto 2006.
    


 
immagini da Corbis

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