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Lefevriani: al preambolo, niente approvazione



di Andrea Tornielli (per Vatican Insider)
«È vero che questo preambolo dottrinale non può ricevere la nostra approvazione, anche se è previsto un margine per una “legittima discussione” su alcuni punti del Concilio Vaticano II. Qual è l’entità di questo margine? La proposta che farò in questi giorni alle autorità romane e la loro risposta a loro volta ci permetteranno di valutare le opportunità che ci rimangono. Qualunque sia l’esito di questa discussione, il documento finale che sarà stato accettato o rifiutato, sarà reso pubblico».
Lo ha detto il superiore della Fraternità San Pio X, il vescovo Bernard Fellay, ormai alla vigilia della risposta attesa dalle autorità vaticane. Come si ricorderà, dopo una serie di colloqui dottrinali tra i lefebvriani e la Santa Sede, la Congregazione per la dottrina della fede aveva consegnato lo scorso settembre il testo di un «preambolo» dottrinale la cui accettazione era considerata imprescindibile dal Vaticano per ristabilire la piena comunione e per offrire alla Fraternità una sistemazione canonica.
Il preambolo, si apprende ora dall’intervista pubblicata da Fellay nel bollettino ufficiale online (www.laportelatine.org), era unito a una nota di accompagnamento nella quale si spiegava che sarebbe stato possibile per i lefebvriani chiedere chiarimenti al fine di proporre eventuali modifiche. Ma i responsabili della pontificia commissione Ecclesia Dei, il Prefetto della dottrina cardinale William Levada e monsignor Guido Pozzo, erano e sono dell’idea che le eventuali modifiche non possano essere certo sostanziali.
In pratica nel preambolo chiede alla Fraternità di sottoscrivere la «Professio fidei» richiesta a ogni persona che assume un ufficio ecclesiastico. Questa professione di fede cattolica prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.

La Santa Sede non ha quindi escluso la possibilità di mantenere una discussione aperta su alcuni punti del Concilio Vaticano II che i lefebvriani continuano a considerare problematici. La via verso il possibile accordo con la Fraternità appare però ancora tutta in salita e si confermano le indiscrezioni delle scorse settimane circa la forte opposizione interna alla proposta vaticana.
L’intervistatore chiede a Fellay: «Visto che questo documento è poco chiaro, non sarebbe stato più semplice dire ai vostri interlocutori vaticani che non era ricevibile?». «Sarebbe stato più semplice – risponde il superiore della Fraternità – ma non più onesto. Dato che la nota di accompagnamento prevede la possibilità chiarimenti, sembra necessario chiederli, piuttosto che dire di no a priori. Ciò non pregiudica la risposta che diamo».
Il vescovo lefebvriano afferma anche che la sola dottrina immutabile è il Credo, la professione di fede cattolica, mentre «il Concilio Vaticano II» è stato un concilio pastorale «che non ha definito dogmi e non ha aggiunto nuovi articoli di fede come “Io credo nella libertà religiosa, nell’ecumenismo, nella collegialità…”. Il Credo non è più sufficiente oggi per essere riconosciuti come cattolici? Non esprime tutta la fede cattolica?». E sembra dunque dire che il Credo, non il preambolo contenente la «Professio fidei» è il testo comune che la Fraternità sarebbe disposta a sottoscrivere.
È evidente che l’intervista non rappresenta ancora la risposta. Il superiore della Fraternità San Pio X sa bene quante e quali siano le opposizioni interne all’accordo con Roma, anche e soprattutto tra i responsabili lefebvriani. Nel testo scritto che invierà alle autorità vaticane chiederà delle modifiche, a quanto pare sostanziali: se il testo attuale «non può ricevere la nostra approvazione» è chiaro che ad essere contestate non sono le virgole o le sfumature, ma aspetti sostanziali. La partita resta dunque ancora tutta aperta e bisognerà vedere quali saranno le decisioni della Santa Sede non appena ricevuta la risposta della Fraternità.

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