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A Pozzoveggiani, tra fede e medioevo




Se addirittura sorse sulla terra Vitaliani dove trovò prima sepoltura Santa Giustina, l'oratorio di San Michele Arcangelo in Pozzoveggiani può davvero essere annoverato tra i luoghi-simbolo dello sviluppo storico della fede cristiana non solo patavina, ma dell'intera terra veneta. 





Secondo tradizione, il martirio di Santa Giustina aristocratica vergine cristiana, si compì ai tempi delle persecuzioni di Massimiano nei luoghi attorno alla Patavium paganeggiante, esattamente all'altezza del ponte di Pontecorvo. Il corpo della martire venne poi inumato in un terreno privato, distante dai luoghi di sepoltura pagani, che pare proprio corrispondere in Pozzoveggiani. La reliquie della vergine martirizzata, nei secoli successivi vennero però trasportate verso Prato della Valle.
I suoi familiari non vollero che fosse sepolta in mezzo alle tombe dei pagani, in Prato della Valle, e poiché possedevano un edificio con giardino extra pomerium la seppellirono nel terreno di loro proprietà extra moenia. Santa Giustina martire rimase sicuramente per un certo tempo sepolta a Pozzoveggiani, come attesterebbe una tomba speciale, in contiguità con il sacello innalzato in onore di san Michele, l’arcangelo che difende, per tradizione, i luoghi cristiani. Il ritrovamento di un pavimento absidato e riscaldato nell’area dell’oratorio di San Michele potrebbe anche riferirsi a una di quelle domus ecclesiae che fiorirono in Italia prima dell’editto di Costantino del 313. Quanto rimase sepolta fuori dalle mura prima di essere portata in Prato della Valle? Il primo che parla della tomba di santa Giustina è Venanzio Fortunato che nel sesto-settimo secolo, nella vita di san Martino, dice: «Se tu passi per Padova fermati a venerare il sacello di Santa Giustina ornato di mosaici in onore di san Martino». È chiara l’allusione alla prima basilica di Santa Giustina e pertanto a quest’epoca la salma era stata portata in città. Quanto prima questo sia avvenuto non è ancora possibile dirlo. (fonte)  
Una traslatio, quella delle reliquie di Santa Giustina che portò prima ad un ascesa del luogo Puteus Vitaliani, che vide l'apice del suo sviluppo nei secoli VI e VII con la costruzione di una chiesa a pianta basilicale sulla quale, nei secoli seguenti ebbe diritto il Capitolo della Cattedrale patavina, per poi decadere, trovando nel secolo XVIII definitivo abbandono.





Oggi, l'oratorio di San Michele di Pozzoveggiani, distante pochi chilometri da Padova, è sintesi delle diverse fasi cronologiche che videro l'ascesa e la decadenza del culto cristiano nell'area.  
La pianta basilicale a tre navate concluse da absidi circolari trovò compimento nel secolo XII su un precedente edificio del VI. Tra il '500 e il '600 la struttura, probabilmente già decadente subì la demolizione parziale delle navate laterali. L'interno è decorato da diversi cicli pittorici che si sono sovrapposti nel corso dei secoli. 
Le ricerche svolte per circoscrivere l’ambito cronologico e stilistico degli affreschi dell’oratorio di Pozzoveggiani hanno portato alla definizione di due diversi momenti storici ed artistici nel territorio padovano. La ricerca inizia con la descrizione delle diverse fasi costruttive dell’edificio ecclesiastico, dalla sua prima conformazione come piccola cappella cimiteriale fino ai secoli della decadenza quando, tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, venne trasformato in oratorio. Il primo ciclo analizzato, dopo una serie di raffronti di ambito generale con affreschi e miniature, si è collocato tra la metà e la fine dell’XI secolo. Non sembra di riconoscere nelle pitture padovane quei caratteri tipici dell’arte carolingia e ottoniana che gli sono attribuiti; anche se è vero che si può parlare , per gli apostoli del sacello, di tipologie ottoniane, è tuttavia più coerente definirne la struttura figurativa come “riutilizzo” o maturazione di quelle tipologie ottoniane che ancora, attorno alla seconda metà e alla fine del Mille, circolavano in special modo nell’ambito delle miniature, attraverso quei modelli definiti di “seconda generazione” proprio perché prodotti in un secondo momento rispetto ai grandi esemplari di Reichenau. Nel corso dell’esposizione ci si è più volte riferiti ad esempi come San Giorgio di Oberzell a Reichenau, la massima testimonianza del genere artistico ottoniano, e a numerose località nordiche e d’oltralpe a diretto contatto con esso; ci si è poi soffermati sui caratteri stilistici della superstite pittura di Cividale che, nonostante precede gli affreschi qui studiati, si considera un valido esempio di arte che ha dietro di sé quella componente classica e monumentale derivatagli dal recupero di elementi tardo-antichi, iniziato con la dominazione longobarda. Con l’esame delle pitture del Veneto e di parte del territorio limitrofo si è poi tentato di ricostruire la situazione storico-artistica durante l’XI secolo, in special modo quella dell’ambito padovano. Gli stretti rapporti che la diocesi patavina intratteneva con l’impero nell’XI secolo, la politica di prestigio perseguita dai vescovi padovani ancora in date avanzate (seconda metà, fine del XII secolo) e la circolazione di modelli ottoniani di “seconda generazione” nel periodo di realizzazione dell’Evangelistario di Isidoro nel 1170, commissionato dai canonici del Capitolo della cattedrale di Padova, hanno indotto a pensare che l’utilizzo di modelli ottoniani avesse il preciso scopo di nobilitare la produzione artistica delle commissioni provenienti dalle istituzioni principali, come appunto il Capitolo. Con queste pitture siamo in un periodo successivo, quando l’edificio originario è stato trasformato in basilica a tre navate absidate. L’impianto strutturale della decorazione dell’abside privilegia un’impostazione bizantina, almeno apparentemente questa è l’impressione che genera la vista del Cristo in Maestà, ma se si osserva nei dettagli e con attenzione l’intera composizione, non si tarda a riconoscervi l’emergere di un linguaggio romanico. Il maestro che ha operato nell’abside conosceva con probabilità le opere e i lavori “veneti”, lo confermano i tentativi di “imitazione” di quel linguaggio bizantino orientale presente a Venezia e nelle terre influenzate dal suo dominio culturale. Così come si sono riscontrate vicinanze, d’iconografia e di stile, con i più importanti centri culturali della terraferma nell’agro portogruarese: Aquileia, Concordia Sagittaria, Sesto al Reghena, utili parametri di raffronto per stabilire differenze e vicinanze. La carenza di esempi di pittura del primo XIII secolo per il territorio padovano non ha permesso raffronti significativi, se non con alcuni frammenti quasi scomparsi nella “centrale” chiesa di Santa Sofia a Padova, tuttavia troppo eleganti e riconducibili ad una datazione compresa nella seconda metà del Duecento. Ma è con la miniatura che si sono trovati maggiori punti di contatto e alcuni utili termini per un inquadramento cronologico degli affreschi. Alcuni lavori di maestri veneziani attivi a Roma, eseguiti tra 1200 e 1210, insieme alle miniature più “rozze” di un Lezionario realizzato per il monastero femminile di Sant’Agata a Padova tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, riecheggiano quelle forme e quei motivi bizantini, derivati da modelli di antica ascendenza che troviamo anche nelle prove ad affresco. La presa in esame delle miniature venete del primo Duecento ha portato a considerare le pitture dell’abside opera di un maestro forse padovano, che conosceva l’imponente produzione marciana e che ha realizzato i suoi personaggi a “emulazione” di quel modello bizantino che contribuiva a connotare di un’aura aulica e ieratica tutta la composizione, pur definendo il suo stile personale attraverso un linguaggio a tratti popolaresco. (fonte)






immagini da salvalarte.legambientepadova.it, magicoveneto.it

5 commenti:

Gaspare del Cervello ha detto...

Cossa me intaressa a mi de sti quatro ruinassi spussoenti... più Massari! Più Scalfarotto! Più Bertotti! Più Temanza! Più Scotti!

d. Vittorio ha detto...

Bellissimo oratorio. Vi celebrai un matrimonio due anni fa...complimenti alla redazione!

Anonimo ha detto...

Caro senza cervello,
non capisci proprio nulla, questa è arte.....tra l'altro al mio paese vi è la Pieve detta di S.Maurizio ma originarimente di S. Pietro ha l'abside più antica (del 1000) identica a questa....peccato che è nel basso Piemonte in provincia di Cuneo... veramente molto molto simile Pantocratore nella mandorla,simboli degli evangelisti e Apostoli in basso, Grazie redazione per questo bellissimo esempio di fede medioevale....e chi è senza cervello veda di studiare la storia ...compreso il m.evo !!!

Anonimo ha detto...

Leggete la breve pubblicazione sull'oratorio di Pozzoveggiani "Santa Giustina: una di noi" che racconta la storia del martirio e la storia dell'oratorio in modo agile e competente. La trovate nel sito della parrocchia di Salboro in Padova. E ricordiamoci: la conoscenza del passato ci porta a compiere bene il presente per un futuro migliore, nostro e degli altri!

Maristella ha detto...

Fantastico! Trovarci 'per caso' o per Grazia in un territorio così importante e non accorgersene.
"Santa Giustina, una di noi" dovrebbe essere ripubblicato e donato alle Famiglie che accompagneranno il nuovo cammino di Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi. Una catechista l'ha pensato e redatto proprio per questo! Accompagnamo le iniziative! gli anniversari sono 'solo' il momento clou della straordinarietà dell'ordinario.
Pozzoveggiani - Pernumia e la partita può continuare con Santa Giustina. Qualcuno ci sta lavorando ancora...io e Nicoletta, grazie a Gianfranco l'abbiamo utilizzato accompagnando le somme pubblicazioni del prof. Sante Bortolami e di mons. Claudio Bellinati, per regalare al pubblico di Padova una 'coreografia essenziale' alla rievocazione del Martirio della Vergine Giustina. E ci stiamo lavorando ancora...a Pernumia, 'per la gloria di Dio e la salvezza delle anime'.

Maristella

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